"LA STUPIDITA' DEL MALE", DI ERMANNO BENCIVENGA

Anche in questo recente libro, La stupidità del male (Feltrinelli, 2019), Ermanno Bencivenga dà prova della sua grandi abilità di logico e di filosofo, in particolare della capacità di ragionare, di farsi domande fondamentali e di rispondere ad esse con argomentazioni logiche, stringenti, coerenti. Prendendo spunto dal famoso libro di Hannah Arendt e facendo il verso al suo titolo (La banalità del male), Bencivenga cerca di dimostrare, e a mio avviso ci riesce, che i comportamenti e i discorsi di << uomini molto cattivi >>, di chi compie azioni malvagie, di chi fa il male, non hanno una logica, non hanno una giustificazione sostenibile: sono stupidi. Il male è stupido, è questa la tesi che l'autore sostiene e a cui il titolo del libro fa riferimento: una tesi che non si contrappone quindi, ma si aggiunge a quella di Arendt sulla banalità del male. Non esistono teorie del male degne di essere appunto definite "teorie". Non c'è una logica del male. Gli << uomini molto cattivi >> sono sia reali, storici, come per esempio Hitler, o immaginari, come per esempio Dracula, e attraverso le loro storie Bencivenga mostra e dimostra la loro stupidità. << Il male non ha dignità intellettuale; non ci sono teorie del male che siano lontanamente paragonabili, per complessità, spessore e ricchezza di dettagli, alle teorie del bene [...]. Se per un atto benefico è possibile fornire una giustificazione, cioè certificarne la giustizia, nulla di simile è disponibile per un atto malefico. Del male sappiamo solo quello che (per negazione) ce ne dicono le teorie del bene [...] Quale che sia la teoria del bene che scegliamo, quel che è male in quella teoria rimarrebbe senza giustificazione. Poiché un atto malefico è qualcosa che accade, lo si può spiegare come ogni cosa che accade, e magari spiegare in che modo operare perché non accada ancora; ma non si può fare altro. [...] Il male è stupido, o banale per usare l'espressione di Arendt: chi voglia dar conto di un suo atto malvagio lo farà usando frasi tautologiche, opache, prive di contenuto e digiune di informazioni, inette a crescere e svilupparsi in un senso qualsiasi. Frasi di quattro tipi, a ciascuno dei quali dedicherò uno dei capitoli che seguono: faccio il male perché mi serve, perché mi piace, perché è male, o perché non posso farne a meno. Detto questo, le "teoria" del male diventa immediatamente parassitaria di una teoria dell'accadere (che spieghi che cosa serve, che cosa piace, e di che cosa non si può fare a meno) o di una teoria del bene (che spieghi che cosa è male). E il malefico agente ne riceve la medesima statura intellettuale di un rubinetto che perde o di un bambino che fa i dispetti >>.


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