“Filosofia del corpo”, di Michela Marzano

“FILOSOFIA DEL CORPO”, DI MICHELA MARZANO

Il libro, di Michela Marzano, Filosofia del corpo (il melangolo, 2010), come quello di Legrenzi e Umiltà (Perché abbiamo bisogno dell’anima, con cui condivide anche snellezza e chiarezza: vedi post di febbraio), parte dalla interessante constatazione che il modo di pensare e di comportarsi delle persone ancora oggi muove da un presupposto dualista: in particolare, Marzano sottolinea come ancora oggi nella nostra cultura il corpo sia concepito e vissuto come qualcosa da controllare, da dominare, qualcosa del cui peso liberarci per essere, appunto, (illusoriamente) liberi. Dall’introduzione:

Come costruire una filosofia del corpo in grado di mostrare il senso e il valore della corporeità? […] I filosofi hanno spesso preferito meditare sull’anima e le sue passioni, indagare sull’intelletto o criticare la ragion pura anziché rivolgere la loro attenzione alla realtà del corpo e alla finitudine della condizione umana. Questo ha fatto sì che il corpo sia stato spesso concepito come un corpo-gabbia, un corpo-macchina, un corpo-materia… anche se non mancano i pensatori che puntualmente hanno tentato di contrastare tale tendenza – basti pensare a Spinoza, per il quale corpo e anima costituiscono una sola e identica sostanza, o ancora a Nietzsche, per il quale il corpo è un signore potente rispetto a cui lo spirito è solo uno strumento. Per quanto nel corso del XX secolo la fenomenologia abbia operato un’autentica rivoluzione nell’ambito della riflessione sul corpo, […] ci si ritrova ancora oggi di fronte a posizioni ideologiche che da un lato riducono il corpo a un fardello di cui ci si dovrebbe liberare, dall’altro lo identificano con un organismo complesso, subordinato a un sistema di sinapsi neuronali in grado di determinare ogni comportamento o decisione dell’uomo. […] Per quanto ai nostri giorni i dualismi tradizionali non siano più in voga, il corpo rimane una realtà a cui taluni pensano di potersi sottrarre, sia con i mezzi offerti dall’evoluzione della tecnica sia attraverso l’onnipotenza di una volontà disincarnata. Di qui l’importanza che viene ad assumere una filosofia del corpo capace di decifrare la realtà contemporanea e di interrogarsi sul senso dell’esistenza carnale degli esseri umani. La questione non è irrilevante, in particolare se si considerano i comportamenti contraddittori che gli individui manifestano oggi in rapporto alla propria corporeità. Se da un lato il corpo sembrerebbe essere stato accettato nella sua realtà materiale, nei suoi travagli e nelle sue necessità, ma anche nella sua bellezza, al punto di tributargli un vero e proprio culto, dall’altro lato esso appare invece “asservito”, posto al servizio delle nostre costruzioni culturali e sociali. […] E’ pur vero che il corpo viene inteso da molti come un sostrato carnale della persona, sede delle esperienze individuali, ma forse ancora più spesso è concepito invece come un oggetto di manipolazioni, di cure e di costruzioni culturali e mediche. […] Ma se nel primo caso l’identificazione si traduce in una riduzione materialistica della persona, nel secondo l’alterità conduce alla certezza di possedere un corpo-oggetto, dimodoché l’uomo può pensare se stesso come “altro” rispetto al proprio corpo.

Che cos’è dunque un corpo? Qual è il nostro rapporto con il nostro corpo? Che cosa significa avere o essere un corpo? E’ a partire da queste domande che può svilupparsi una filosofia del corpo.

E in sostanza la tesi dell’autrice, evidenziata già nelle prime pagine, è questa: 

Il corpo umano è assieme tanto un corpo-soggetto quanto un corpo-oggetto, il corpo che si “ha” e il corpo che si “è”. […] Come non possiamo “essere” semplicemente il nostro corpo perché ciascun individuo è irriducibile alla materia o alla funzione dei suoi organi (il corsivo è mio), parimenti, non possiamo “avere” semplicemente un corpo, a meno che non si presuma che il soggetto di tale possesso sia un’anima disincarnata. […] L’essere umano è una persona incarnata.

E così, nel resto del libro, la filosofa illustra le diverse concezioni e le diverse esperienze, relative al corpo, che nella storia, fino ai giorni nostri, sono state formulate e realizzate, passando, per esempio, dal dualismo platonico-cartesiano (con la relativa condanna del corpo come “prigione” dell’anima, una “prigione” di cui ci si deve “liberare”);  oppure passando, per fare un altro esempio, dall’attuale volontà di “dominare” il corpo, attraverso chirurgia estetica, diete alimentari, allenamento fisico, per dare di esso una certa “immagine” e, con quest’ultima, per dare di noi una certa “immagine”; o anche passando, per fare ancora un altro esempio, dalla rivoluzione fenomenologica nel modo di intendere il corpo (modo di cui l’autrice è debitrice). Nella sua ricostruzione della storia delle idee e delle esperienze relative al corpo, la filosofa parla di molte, appunto, esperienze concrete, come per esempio quella dei trapianti di organi o quella della sessualità.

Alla fine l’autrice conclude, nell’ultima pagina, scrivendo:

Ma nonostante ogni tentativo di annullarlo, il corpo è sempre presente, pronto a ricordarci la sua esistenza e a tradurre in sintomi il disagio di chi cerca di farlo sparire.



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